Una leggenda sull’origine del telaio

Si dice che il telaio fosse stato inventato dal diavolo per fare impazzire le donne. I primi telai, racconta G. Palnge “ apparentemente perfetti mancavano però delle verghe atte a regolare l’ordito ed ad impedire che i fili s’aggrovisgliassero; per cui le tessitrici perdevano la tramontana ad annodare e riannodare i fili che si spezzavano di continuo”. Sant’Anna di passaggio dal paese inserì nella struttura del telaio gli elementi mancanti affinché tutto potesse procedere linearmente. Ma il Maligno preparò il suo “colpo di coda”, e con un sortilegio fece sì che, iniziata “l’annodatura”, non si debba smettere di lavorare fino a chiudere la “bocca dell’ordito”, se no, i bambini che verranno alla luce in quella casa nasceranno muti.

LA GINESTRA

Un’attività tradizionale femminile, altrimenti destinata all’oblio è la tessitura della ginestra. La pianta più povera e resistente dell’Appennino, è diventata a nella Locride occasione di lavoro e futuro nelle stanze di un laboratorio multietnico, dove si macerano i fustelli traendone un filo resistentissimo, perfetto per tessuti d’arredo ed abiti.

La ginestra (Spartium junceum L.) è nota fin dall’antichità per il suo impiego come pianta da fibra. Era, infatti, già utilizzata da Fenici, Cartaginesi, Greci e Romani, per la produzione di stuoie, corde e manufatti vari. La stessa etimologia della parola greca “spartos”, che significa corda, sta a confermare la tradizionale utilizzazione della fibra per la realizzazione di tessuti grossolani.

Può sembrare un cespuglio di notevoli dimensioni ma in realtà si tratta di un arbusto sempreverde, che può raggiungere i 3 m di altezza, la cui caratteristica è quella di presentarsi con una fitta ramificazione che parte dalla base della pianta e si sviluppa per tutto il fusto con rami, sottili e flessibili, di colore verde scuro. Sui rami si sviluppano le foglie, di piccole dimensione, molto distanziate le une dalle altre, di colore verde scuro. La caratteristica principale delle foglie di ginestra è che cadono all’inizio del periodo di fioritura della pianta, che avviene a partire dal mese di maggio e si protrae fino al mese di agosto. I numerosissimi fiori di ginestra sono di colore è giallo oro o giallo intenso ed emanano una delicato profumo simile a quello del miele. Dai fiori, infine, si genera il frutto, una piccola leguminosa che a maturazione avvenuta diventa di colore molto scuro.

La raccolta si effettua dopo la caduta dei fiori selezionando le vermene più lunghe e più grosse.

BOLLITURA: si fa in grossi pentoloni per circa un’ora con l’aggiunta di cenere o soda caustica allo scopo di ammorbidire gli steli.

SCORTICATURA: consiste nel cospargere gli steli macerati di sabbia fine di fiume e strofinare energicamente con i piedi, sia per tirare via la pellicola esterna e sia per separare le fibra dall’anima interna

BATTITURA:  si fa nelle fiumare e serve a raffinare la fibra privandola dalle parti legnose e dal verde della clorofilla. Si effettua con robuste mazze di legno che battono sulla fibra sistemata a mucchietti su grossi massi. S’intervalla la battitura  con frequenti sciacqui  e strizzature per purgare e sbiancare la fibra.

La ginestra viene raccolta in mazzetti ( Riace)

MACERO: gli steli legati in fasci si mettono in ammollo, possibilmente in acqua corrente, per circa una settimana per ammorbidire completamente la fibra e facilitarne il distacco nelle operazioni successive.

SFIBRATURA: con quest’operazione si provvede, serrando pochi steli alla volta fra le dita e strappandoli con decisione, a separare la fibra dal canapulo.

CARDATURA: la fibra lavata e asciugata si presenta aggrovigliata  e ancora mista a scorie legnose e cuticulari. Con la cardatura, che può essere fatta a mano o con appositi pettini, si puliscono, parallelizzano e selezionano le fibre per la filatura.

FILATURA: è la fase più difficile dell’intero processo. Consiste nel trasformare la fibra in filato con alcune operazioni manuali, difficili e sincronizzate. Ci si avvale della conocchia che serve a contenere la fibra e dal fuso, che con movimento rotatorio attorciglia le fibre su se stesse filandole all’infinito